di giochi, un bambino della tribù di nome Scoiattolo Goloso e, gironzolando con lui, sbucano in una radura circondata da cespugli stracarichi di ribes neri. Subito i bambini si lanciano a fare merenda, tranne Scoiattolo Goloso che si ferma esitante. I ragazzini tornano contenti alla carovana con il loro carico di ribes giusto in tempo per scoprire che non avrebbero dovuto raccoglierli…
ED ORA CONTINUIAMO NOI.........
“Ecco perché Scoiattolo Goloso non li ha neanche sfiorati!” Dice
Elvira ripensando al comportamento del piccolo indiano.
“Andiamo a cercarlo e convinciamolo a non dire niente al capo Cavallo
Pazzoide.” Rispondono i bambini della carovana.
Preoccupati per la reazione del capo indiano, tornano alla radura
correndo come razzi. Arrivano con il cuore in gola e con la lingua ciondoloni,
ma di Scoiattolo Goloso non c’è traccia. Qualcuno, nascosto dietro la roccia
spaccata li sta spiando. Elvira e gli altri bambini esplorano ogni cespuglio,
ogni albero, ogni roccia e… dietro a quella spaccata scoprono un indiano secco
secco come un rametto pronto a spezzarsi, rannicchiato per non farsi vedere.
Allunga le gambe smilze e il tronco scheletrico e i bambini si trovano davanti
un pellerossa alto come una sequoia. Spaventati e allo stesso tempo
meravigliati, esclamano: - Oh!!! … ma quanto sei alto?
Lui, con una voce cavernosa che faceva venire la pelle d’oca,
risponde: - Sono alto come gli alberi del bosco e per questo sono stato messo a
fare la guardia alla radura dei “ribes sacri”.
“Prima non c’eri! ...Ma che guardiano sei?” Gli chiede Elvira mentre
tutti gli altri ridacchiano sotto ai baffi.
“Io c’ero – afferma – Vi ho visto mentre facevate merenda con i frutti
sacri, ma ho chiuso un occhio perché volevo mettere alla prova mio fratello
Scoiattolo Goloso.”
“Scommetto che tu” gli dice Elvira “magro come sei, ti chiami
Scoiattolo a Dieta!” Lui fa un cenno affermativo con la testa; tutti ridono e
la paura va via.
“Perché volevi mettere alla prova Scoiattolo Goloso?” chiede
incuriosita “Che aveva fatto di male?”
“Ce lo dici per favore?” domandano in coro i bambini.
“Tanto tempo fa, dopo un periodo di siccità, il terreno intorno al
villaggio indiano era diventato arido; i pochi raccolti non riuscivano a
sfamare tutti, quindi un gruppo di pellerossa partì alla ricerca di cibo o di
un luogo più fertile. Camminarono per giorni e giorni trovando solo delle
radici e qualche frutto rinsecchito. Una sera, stanchissimi e con le gambe e i
piedi doloranti, disperati per non aver trovato niente, si fermarono.
Infreddoliti e affamati, accesero un grande fuoco vicino a una roccia e seduti
in cerchio, pregarono la Dea della Fertilità. Lei si commosse e pianse talmente
tanto che le sue lacrime scesero sulla terra e la irrigarono. Il Dio dei
Fulmini mandò una saetta che spaccò la roccia e da essa uscì una cascata di
semini neri e lucidi.
Pieni di gioia e soprattutto pieni di stupore per l’accaduto,
raccolsero quasi tutti i semi e li chiusero in un sacchetto poi si
addormentarono felici. La mattina seguente, vicino alla roccia spaccata erano cresciuti
alcuni cespugli di una pianta sconosciuta carica di frutti neri, tondi e
carnosi, lucidi come specchi, raggruppati in piccoli grappoli come l’uva.
Incuriositi si alzarono con i muscoli ancora indolenziti; qualcuno
starnutiva e tossiva a causa della pioggia presa la sera prima; altri, avendo
mangiato troppe radici, avevano mal di pancia.
Vedendo quei piccoli frutti invitanti, li assaggiarono: erano succosi,
aromatici e un po’ aspri. Ne mangiarono ancora e si sentirono subito sazi.
Riempirono tutti i sacchi e tornarono al villaggio. Durante il viaggio, si
accorsero che tutti i loro dolori erano magicamente passati grazie a quei nuovi
frutti.
Quando arrivarono carichi di sacchi pieni di cibo, tutti gli abitanti
del piccolo villaggio indiano, denutriti e ammalati, li accolsero felici, li
mangiarono e presto guarirono. I semi dei frutti della loro salvezza furono
donati al capo, Cavallo Saggio, che li fece seminare con cura nei campi vicino
al villaggio.
Da quel giorno le piante della Roccia Spaccata sono considerate sacre per
le loro qualità curative e perché dono degli Dei. Da allora, ogni anno, la
raccolta dei ribes si festeggia con cerimonie, danze e feste”.
“Che storia affascinante!” Esclama Elvira “Però non capisco ancora che
cosa ha fatto di male Scoiattolo Goloso”.
“Trentasei Lune fa, prima della Festa del Raccolto, mentre tutti si
preparavano al grande giorno, Scoiattolo Goloso, che è ingordo di cibo e in
particolare di ribes, andò di nascosto nei campi coltivati e mangiò quasi tutti
i frutti. La sua pancia diventò così grande che non riusciva neanche ad entrare
nella sua tenda e invece di camminare, rotolava.
Quando gli abitanti del villaggio lo videro, capirono al volo ciò che
aveva fatto e pensarono: - Addio raccolto, addio festa, addio riserve per
l’inverno!
Cavallo Pazzoide, lo condannò a non mangiare più i ribes e a vivere da
solo nella radura della Roccia Spaccata a guardia delle piante sacre. Io,
nascosto fra gli alberi del bosco, dovevo controllare che rispettasse la
condanna”.
“Dove sarà andato ora tuo fratello?” Chiede preoccupata Elvira.
“Di sicuro non lo so, però l’ho visto scappare verso il nostro
villaggio”.
Elvira ed i suoi amici si guardano impauriti, decidono di tornare tra
la loro gente e salutano frettolosamente Scoiattolo a Dieta.
Intanto Scoiattolo Goloso è arrivato dal capo, Cavallo Pazzoide, per
raccontargli che i piccoli pionieri hanno mangiato quasi tutti i ribes sacri.
Lo stregone Coyote Rabbioso vorrebbe scagliare una maledizione contro di loro,
ma il capo indiano e i saggi della tribù vogliono invece mantenere la pace e
l’armonia fra i due popoli così lo stregone lascia il villaggio sbuffando
indiavolato. Raggiunge la carovana e, con uno stratagemma, cattura il capo, lo
porta nel villaggio indiano e lo lega intorno al totem.
Mentre i guerrieri indiani fanno la danza dei serpenti per impaurire
ancora di più il povero prigioniero, Coyote Rabbioso prepara una pozione
malefica per lui.
Nel campo dei pionieri però, si sono accorti del rapimento; Elvira e i
sui amici, che si sentono colpevoli, decidono di andare a liberarlo senza dirlo
ai genitori. Arrivati vicino al villaggio indiano si dividono in due gruppi.
Quelli vicino allo stregone, cercano di mettere altri ingredienti nel pentolone
della pozione malefica. Coyote Rabbioso, prima prova a colpirli e scacciarli
con il mestolone di legno, ma riesce a farlo solo con un bambino alla volta.
Gli altri, intanto buttano nella pozione le more, i lamponi, le fragoline e i
mirtilli raccolti nel bosco. Sembrano un esercito di cavallette che non gli dà
tregua, così chiama in suo aiuto i guerrieri che stanno facendo la danza dei
serpenti; loro, lasciano il prigioniero da solo così l’altro gruppo di bambini,
approfittando della situazione favorevole, esce allo scoperto. Veloci come
fulmini, sciolgono le corde che tengono il povero prigioniero legato come un
salame e scappano velocissimamente con lui.
I compagni, dall’altra parte, esultano di gioia; lo stregone e i
guerrieri guardano sbalorditi la scena e provano a catturare qualcuno. Non ci
riescono perché loro sono confusi e gli altri invece sono organizzati e veloci.
Elvira prende la “pozione trasformata” e scappa insieme agli altri. Inseguiti
dallo stregone e dai guerrieri, i piccoli pionieri sembrano volare sul sentiero
che porta alla radura della Roccia Spaccata. Lì trovano una sorpresa: Cavallo
Pazzoide sul suo destriero che, avendo visto tutto, li aveva preceduti.
Il capo indiano urla: “Augh! Cavallo Pazzoide e i saggi del villaggio
avevano detto che era buona cosa mantenere la pace tra i due popoli. Tu hai
disubbidito” dice rivolgendosi a Coyote Rabbioso “Ora io ti bandisco per sempre
dal villaggio”.
Lo stregone, furioso e con il fumo che gli esce dalle orecchie, dà uno
spintone ad Elvira e le fa cadere la pozione a terra, proprio vicino alle
piante sacre che, come per incanto si riempiono di fiori e di frutti più
grandi, più saporiti e gustosi di sempre. Cavallo Pazzoide, soddisfatto, invita
tutti a raccoglierli e a preparare una grande festa nel campo dei pionieri.
Elvira, che era già una brava cuoca, fa una buonissima torta ripiena
di ribes giganti, aiutata da Scoiattolo Goloso. Le donne indiane
abbrustoliscono le pannocchie di mais e cuociono le patate dolci sotto la
cenere calda. Preparano anche budini di grano
bollito, tacchino, cacciagione, pesce, sia bollito che arrosto, frittelle di fagioli e farina di mais, meloni freschi e meloni cotti, diversi tipi di radici, di
vegetali e frutta. Per finire dolcetti conditi con lo sciroppo di acero: una
vera prelibatezza! I pellerossa preparano
la birra di betulla e altre bevande con erbe aromatiche. Le donne dei
pionieri fanno dei piccoli pani di farina bianca mentre gli uomini spillano il
vino dalle botticelle trasportate sui carri. Mangiano, ballano e si divertono tutti
insieme, unendo tradizioni e culture diverse.”
“Nonnina,
che bella avventura hai avuto!”
“Proprio
perché è così bella, ho voluto trasmettervela e sono sicura che voi, da grandi,
la racconterete ai vostri nipoti. Inoltre, oggi vi insegnerò un’altra cosa.”
“Wow! Che
altro ci insegnerai?” Rispondono entusiasti.
“A gustare
cibi più genuini e più saporiti di quelli poco salutari che siete abituati a mangiare.”
Conclude Nonna Papera. “E ora… Tutti a tavolaaa”
Il
parentado si avvicina alla grande tavola imbandita con gli stessi cibi cucinati
tanti anni prima dai pionieri e dai loro amici indiani. A vedere quelle
meraviglie gli occhi di tutti si illuminano e fra un racconto e un altro,
ognuno gusta quei cibi un po’ dimenticati.
La festa
finisce fra risate, canti e balli. Qui, Quo, Qua pensano: “Sembra quasi la
vecchia festa indiana del raccolto”.