domenica 12 luglio 2015

IL GIGANTE EGOISTA - Lavoro teatrale tratto dal racconto di Oscas Wilde

Dopo la lettura in classe della fiaba di Oscar Wilde e  dopo aver analizzato i diversi aspetti trattati dall'autore (egoismo, altruismo, solitudine, amore), i bambini sono arrivati al momento tanto atteso di mettere in scena il lavoro.
Con entusiasmo hanno imparato canzoni in italiano e in inglese, hanno interiorizzato battute, ritmi e balli COLLABORANDO  E AIUTANDOSI NEI MOMENTI DI DIFFICOLTA'. CON LA COLLABORAZIONE,  SI CRESCE INSIEME
E' stato un lavoro entusiasmante per tutti.

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il gigante egoista

martedì 7 luglio 2015

FULMINE, UN EROE PER DOLCELANDIA - Dall'incipit al racconto





Il giovane cavaliere tirò un poco le briglie. Il cavallo aveva voglia di correre, ma doveva capire che non era lui a decidere.
Il cavallo puntava a qualsiasi prateria, ma era il cavaliere a sapere verso quale prateria andare, e in che punto di quella prateria.
Solo lui sapeva il perché.
Il cavallo rallentò, accettando il comando. Il cavaliere premiò l'obbedienza mollando un poco le briglie, e il cavallo aumentò l'andatura, senza esagerare.
Il cavaliere, benché giovane, sapeva anche che il cavallo non si deve stancare all'estremo: gli occorre un po' di fiato, se capita di dover fuggire. Quello che, seppure protetto e ben imbottito, portava dietro la sella, non poteva essere scosso troppo, o troppo a lungo.
Nella prateria sembra di essere soli, ma non si è mai soli veramente. Occhi piccoli, o meno piccoli, ti guardano passare, lontani o vicini.
Talvolta sono occhi umani, e non sempre sono amichevoli. 
Quelli di Tagatah... erano grandi e azzurri come il mare e osservavano attentamente quello che succedeva nell’immensa prateria.
Quando Tagatah vide arrivare quel giovane cavaliere, si nascose fra le erbe alte che oscillavano al vento. Da lì sentiva il galoppo veloce del cavallo, gli zoccoli che risuonavano sul sentiero e il nitrito tranquillo di Fulmine. Vedeva un polverone che si alzava sempre di più, distingueva la lunga criniera che ondeggiava sul collo muscoloso e forte dell’animale, notava le narici enormi e dilatate dalle quali usciva il fiato caldo.
All’improvviso il cavallo si bloccò.
– Ehi, perché ti sei fermato? - chiese preoccupato Max, il suo giovane padrone.
- Iiihhiii! – rispose il cavallo a modo suo … In questo modo voleva avvertirlo che c’era un pericolo.
Max si guardò intorno. La prateria era sterminata, sembrava un grande mare di erba mossa dalla leggera brezza. Qua e là c’erano grandi cespugli e in lontananza si vedevano alcuni alberi alti e maestosi. Si sentiva solo il leggero sibilo del vento che passava velocemente tra le erbe più alte e i cespugli.
- Hai sentito qualcosa? - chiese ancora.
Fulmine mosse la testa in su e in giù, sbuffò e cominciò a muoversi piano piano; intanto Max si guardava meglio intorno… Cominciava ad avere paura e sentiva il suo cuore battere come un tamburo.
- Devo raggiungere immediatamente il villaggio di Dolcelandia e consegnare il pacco! - Pensò
Diede un colpo sui fianchi di Fulmine e lui partì veloce come un razzo. Non si erano accorti che, poco più avanti c’era un gruppo di “cani della prateria dalla coda nera” che, impauriti dal rumore degli zoccoli, cominciarono ad “abbaiare”. Tagatah, fece un salto enorme e uscì così allo scoperto. Era una bellissima fanciulla; il viso rotondo era abbellito da una cascata di capelli castani; gli occhi chiari avevano un’espressione furba e vivace; le guance, arrossate dal sole, erano piene di lentiggini.
Il cavaliere e il suo cavallo passarono di corsa vicino alla ragazza ma caddero in una trappola: Tagatah aveva teso una corda tra due cespugli così Fulmine inciampò facendo rotolare a terra Max.
Velocissima, Tagatah salì sul cavallo ma Fulmine, con un forte colpo di schiena, disarcionò la ragazza che cadde a terra.
- Ahi, che botta! -  esclamò Tagatah massaggiandosi la gamba.
Il cavallo intanto, per la contentezza, saltava come un matto poi, al trotto, andò da Max, sicuro di ricevere una ricompensa
- Bravo cavallino mio! Tieni – gli disse Max accarezzandolo sul muso e dandogli una bella carota e uno zuccherino, poi raccolse la corda per legare la ragazza. Quando si avvicinò, la guardò e si accorse che la conosceva bene.
- Ma tu… sei la figlia del sindaco del villaggio!
- E’ vero, sono proprio io!
- Perché mi hai teso una trappola?
- La trappola non era per te, ma per Jack Pigliatutto che ha già rubato tutti gli alveari di Dolcelandia per venderli e diventare ricco.– spiegò Tagatah, - Gli apicoltori sono disperati e i contadini sono preoccupati perché, senza le api, gli alberi forse non daranno i frutti.
- Meno male che Jack non mi ha seguito e non ha scoperto il mio “prezioso carico".- disse soddisfatto Max.
I due giovani salirono in groppa a Fulmine e a gran galoppo si avviarono verso il villaggio. Mentre attraversavano un boschetto, quasi alla fine della prateria, all’improvviso Jack Pigliatutto saltò giù da un albero.
Jack aveva una aspetto terrificante: il viso era segnato da due cicatrici biancastre che risaltavano sulla pelle bruciata dal sole; aveva gli occhi neri e paurosi come la notte e i capelli, arruffati e sporchi, lo facevano assomigliare a uno scimpanzè. L’enorme bocca aperta faceva vedere i pochi denti rovinati e sporchi; la sua risata era terribile e faceva venire i brividi.
- Ah,ah,ah!- ghignò - Dammi il pacco o non la passerai liscia!
Max e Tagatah, impauriti, scesero da cavallo per consegnare il “carico” ma Fulmine, con gran coraggio, nitrì, si alzò su due zampe e colpì Jack con gli zoccoli. Il ladro cercò di scappare. Intanto, dentro l'alveare nascosto nel grosso pacco, le api, inferocite da tutto quel baccano, trovarono una via di uscita e inseguirono Jack per tutta la prateria minacciandolo con i loro pungiglioni velenosi.
Il sole stava per tramontare così le api tornarono nell’alveare. I due giovani lo sistemarono meglio sul cavallo e, lentamente si avviarono verso Dolcelandia, alla fine della prateria.
Quando arrivarono, gli abitanti li accolsero con allegria.
Ora le api avrebbero prodotto di nuovo tanto miele e i frutteti avrebbero prodotto tanti frutti.
Fulmine fu ricompensato dagli apicoltori con un secchio enorme pieno di miele e con un sacco di carote al giorno.
Jack tornò a casa dolorante. Da allora, non tornò  più nella prateria e smise di rubare.
Tagatah e Max cominciarono a guardarsi con occhi “dolci” e … Ma questa è un’altra storia.